L’uomo che incontrò se stesso è la commedia che ha consacrato Luigi Antonelli nella stretta cerchia dei monumenti del teatro italiano. Rappresentata per la prima volta il 23 maggio del 1918 al teatro Olympia di Milano, è l’avventura fiabesca e ironica di un uomo, Luciano de Garbines, a cui è data l’occasione di rimediare a una cantonata coniugale di vent’anni prima. Ma il sangue, sovente, fa ripetere gli sbagli, e rischia di viziare anche il senno di poi, che sposa a meraviglia il romanzesco con il reale, trasformando la fantasia in un gioco di beffe e di sentimenti quanto mai concreto. In questa suggestiva confluenza l’amor sacro e l’amore profano si accavallano, in una vicenda che fotografa in modo folgorante l’animo umano: «Ancora io non riesco a persuadere quell’uomo che la moglie l’inganna! Sapevo che avrei dovuto faticare, perché è da un bel pezzo che ci conosciamo, io e lui, però non avrei mai creduto di dover lottare contro un individuo simile! Quando poi penso che infine si tratta di persuadere me stesso, mi domando se si può essere più bestia di così». Riuscirà,
il protagonista, a convincere il suo doppio a correggere gli errori di un tempo, oppure l’esperienza si rivelerà anch’essa un’illusione, forse la più terribile di tutte? L’originale provocazione contenuta ne L’uomo che incontrò se stesso piacque a Gramsci: «Questa fine satira della vita ha stupito il pubblico a cui, da tempo, non si ammanniscono lavori atti a sviluppare un pensiero» che riconobbe gli intenti dell’autore, per il quale ogni «piccola vicenda deve aprire un mondo dinanzi agli occhi dello spettatore». E nell’opera il registro fantastico è stemperato dall’ironia: dai lividi toni del primo atto si scivola nella pochade
e nella farsa, a loro volta annegate in un lucido, disperato disincanto. Una commedia
che mette in dubbio l’esperienza e costringe a interrogarsi sul peso effettivo
di essa nel destino, in un nuovo modello drammatico e antropologico.
Apparato critico a cura di Francesca Benazzi ed Angela Di Maso
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Luigi Antonelli nasce nel 1877 a Castilenti, una piccola frazione del comune di Atri in provincia di Teramo, compie studi regolari e corona il percorso frequentando i corsi di Medicina e Lettere presso l’università di Firenze. Insieme al pittore Basilio Cascella fonda “L’illustrazione abruzzese”, ed entra in contatto con alcuni degli autori e intellettuali più in voga dell’epoca, su tutti il conterraneo d’Annunzio; quindi si trasferisce in Argentina per alcuni anni, occupandosi di giornalismo. Giornalista e narratore, è stato uno dei commediografi che nel primo Novecento cambiarono il linguaggio del teatro italiano. Fedele ai princìpi del grottesco, contribuì a far recepire il messaggio pirandelliano fra essere e apparire con un’amara, fantasiosa satira delle illusioni. Fondatore de “L’illustrazione abruzzese”, direttore de “La patria degli italiani” a Buenos Aires, collaborò con le maggiori riviste drammaturgiche fra le due guerre mondiali. Nel 1931 divenne critico teatrale del “Giornale d’Italia”, ruolo che ricoprì fino alla morte. Oltre a L’uomo che incontrò se stesso firmò altre opere di grande successo come Il maestro, la farsa Il barone di Corbò, divenuta poi un film, La donna in vetrina, e la commedia allegorica L’isola delle scimmie. Il successo continuerà a baciare i lavori dell’autore abruzzese finché avrà vita. Il 21 novembre 1942, quando spirò, nella amata Pescara, la sua opera più famosa raccoglieva l’ennesima messe di applausi e consensi al Teatrul Național din București
(teatro Nazionale di Bucarest) completamente esaurito per l’evento.
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