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Lucia

Sul piroscafo Cavour, che nei primi anni Trenta fa la spola tra l’Italia e l’America, la piccola Lucia è coccolata da tutti eppure sola al mondo. La madre, giovane cuore semplice, l’ha portata con sé dai paesaggi duri e fiabeschi dei monti toscani alla frenesia ottusa delle metropoli, dai borghi rurali e fertili di Montelandi alla sterilità spaventosa e opprimente di New York, verso il miraggio di una speranza che è nel contempo incanto e disillusione, e rimanda alla più antica tradizione della tragedia: quella greca. La potenza lirica del romanzo è amplificata dalla scrittura dell’autore, maestro nel dipingere i contrasti fra due mondi antagonisti l’uno dell’altro: la solennità dura ma soave dei campi, la visione poetica della vita che li attraversa da un lato, e dall’altro il grigiore dei torrenti di luci artificiali e di motori
che della vita sono la negazione. Tutto, arricchito da un linguaggio
denso di regionalismi e preziose sonorità.
«La vita affettuo­sa dei ricordi si svolge dalle cose sul­le quali l’abbia­mo lasciata e ci riprende come se ci avess­e a­spettato; i cambiamenti che possono esservi avvenuti ci fan­no sorridere della loro naturalezza, e sembra esserne causa o parte. Così, se gli alberi che ricordiamo secchi nella veste invernale li ritroviamo verdi di gemme in boccio, se i rii che nei ricordi erano arsi e pietrosi nelle magre estive li rivediamo scorrere torbi delle piogge autunnali, a sentirli rinvivìre ci danno una contentezza acuta, quasi fos­simo stati noi a dar corso alle acque, e nel volger delle stagioni fosse complice il volger dell’età».

– Apparato critico a cura di Giulia Sacchi e Tatiana Strarosti –

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Delfino Cinelli (Signa, 1889 – Siena, 1942), autore versatile, legato ai territori verdi e profumati della Toscana, diluiti in rapidi cenni o dipinti con malinconico abbandono, ha collaborato con celebri riviste e testate giornalistiche firmando articoli, fiabe, novelle, saggi, romanzi, poesie e sceneggiature. Ha curato, per primo, con Elio Vittorini, la traduzione delle opere di Edgar Allan Poe. Dimenticato dopo la morte, nonostante la statura artistica,
la sua opera è in corso di recupero presso Divergenze, che ha inaugurato la collana
di letteratura Le scie con il racconto La trappola, pubblicato nel 2018.

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Il volume, realizzato su cartoncino ecologico e carta 1.8 extralusso ad effetto vintage,
è in tutte le librerie e nei maggiori store online, oppure in copia numerata su
https://divergenze.eu/prodotto/lucia/ senza spese di spedizione.

La Trappola

Uno dei romanzi con il miglior ritmo del primo Novecento italiano. L’autore attrae prima con lenta serenità, poi afferra e trascina in una vertigine di eventi sempre più drammatici. Giuseppe A. Borgese, sul Corriere della Sera, definì La trappola «una di quelle rare e felicissime cose in cui qualche volta si adempie il destino di un artista».

Se gli amori avessero tutti una sorte benevola non si potrebbe crescere e trarre del buono anche nel dolore di un distacco, nella freddezza di mille incontri veloci e distanti, fino al sollievo di un momento decisivo. Oltre il perimetro del lieto fine ci sono il sospetto, l’inganno, la beffa, la rivalsa vuota e pallida di troppe esistenze: lo stolido Pulce, oste d’un piccolo borgo, l’astuto Paolo Mortarelli, marchese di Ciciano, e poi la bella Armida, fin troppo consapevole delle sue doti, che avrà modo di turbare gli animi di molti in maniera più che decisiva. «Paolo si meravigliava di non soffrire nel suo amor proprio di conquistatore, né soprattutto nel senso del ridicolo del quale era di solito così sensibile. E come se quando fu rassicurato sul punto che ai giovani preme tanto, potesse anche provar altri sentimenti, si mise a vedere come poteva tranquillizzare l’Armida. Più che il desiderio, ora per lui contava quel sentimento di tenerezza quasi fraterna, di protezione, che aveva già sentito standole vicino, che gli veniva forse dalla sua debolezza, da quella voglia di cedere che nonostante le sue parole, sentiva crescere in lei. Di parlare non gli riusciva:
allora si mise a guardar di fuori, dalla feritoia dove prima era stata lei,
come per lasciarla libera di alzare lo sguardo senza che si dovesse incontrare col suo».

Apparato critico a cura di Matteo Basora. Con uno scritto di Nicoletta Prestifilippo.

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Delfino Cinelli nasce a Signa il 16 agosto 1889. Fa il suo ingresso nel campo della letteratura a quasi quarant’anni, nel pieno della maturità artistica, dopo avere girato il mondo per conto dell’industria di famiglia, una delle fabbriche di cappelli di paglia più famose e apprezzate. Compie gli studi medi al Cicognini di Prato come tanti letterati contemporanei tra cui Pratesi, Benelli e D’Annunzio, prosegue l’istruzione negli istituti commerciali in Svizzera e Inghilterra. Con il romanzo La trappola, nel 1928, riscuote un enorme successo di pubblico, la critica lo segnala come una delle voci più interessanti nel nuovo panorama italiano, e il Comitato dei Trenta include il romanzo tra i migliori dell’anno. Più volte ristampato, ha dato il tema al film Notte Tragica, portato sullo schermo nel 1942 da Mario Soldati, sceneggiato da Alberto Moravia e interpretato dalla celebre Doris Duranti. Sempre nel ’28, con Castiglion che Dio sol sa, autentico libro-epopea, entra nella terna che si contende il premio Bagutta e vince il Borletti dell’Accademia Mondadori. Firma  le più valide versioni italiane dei racconti di Edgar Allan Poe, utilizzate dalla grande editoria fino al 1970. Nel contempo non smette di dare alle stampe novelle, drammi, testi teatrali, racconti e saggi fino alla morte.
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Il volume, realizzato su cartoncino ecologico e carta avoriata bulk a effetto vintage, è in tutte le librerie e nei maggiori store online, oppure acquistabile senza spese di spedizione su https://divergenze.eu/prodotto/la-trappola/