La (s)comparsa della madre

La (s)comparsa della madre è una plaquette che tramite opere di narrativa distopica
analizza la maternità dalla carne allo spirito, dalla dimensione puramente materiale
a quella più sottile, antropologica e sociopolitica, nella quale sguazzano
le odierne lotte di potere travestite da conquiste della libertà.
«Nella società dell’imperialismo tecnologico la libertà presume una manipolazione,
e amministrare le nascite e colei che vi provvede è farlo pure con la coscienza civile,
la quale invece dovrebbe essere condizione primaria della libertà.
L’importanza della madre per l’umanità trascende la ragione,
perciò l’apparato del potere tiene in piedi un ordine antagonista a quello organico-naturale,
in netta disarmonia con la trasfigurazione da esso operata».

– A cura di Lucrezia Lombardo –
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Laureata in Filologia moderna, Emilia Pietropaolo è amante della letteratura slava
e balcanica, tant’è che ha scritto la tesi su Dostoevskij e Ivo Andrić.
Dottoranda in Gender studies presso l’Università degli studi di Bari Aldo Moro,
si occupa della rubrica «La stanza di Nasten’ka» come redattrice
del blog letterario Bibliovorax, e scrive su varie riviste e testate.

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L’opera è reperibile in tutte le librerie e nei maggiori store online
o qui: https://divergenze.eu/prodotto/la-scomparsa-della-madre/ senza spese di spedizione,
in un lotto di copie numerate con inchiostro naturale da bacche di sambuco.

Ragazze selvagge

La settima “impronta” parla di Ragazze selvagge, e in modo particolare
della funzione narrativa ed evolutiva della selvatichezza nel mondo del libro,
e in quello della vita che i libri immaginano, propongono, e dunque rendono reale.
Se selvaggio è ciò che vive – oppure è tenuto – ai margini della società
nell’illusione di sublimare le pulsioni inconsce e animalesche,
cioè il movente profondo e primordiale delle azioni umane, la fanciulla selvaggia
si sposta al di qua e al di là del confine che separa controllo e libertà, dovere e volere.
«I personaggi femminili con un’età di transito tra l’infanzia e la maturità, rituale di passaggio
emblematico, sono metafore della continua ricontrattazione tra ciò che la società si aspetta
dall’individuo e il ruolo che l’individuo intende avere nella propria storia personale».
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Serena Vinci è laureata in Culture e letterature del mondo moderno,
archivista e traduttrice dal francese, è specializzata in Storytelling & performing arts,
dottoranda in Letteratura italiana all’Università di Modena e Reggio Emilia,
in cotutela con l’Université Paris Nanterre. Vive tra Torino e Parigi
ed è autrice del romanzo Il sangue che ti scorre accanto (2023).

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Il saggio, realizzato in cartoncino ecologico e carta interna bulk a effetto vintage,
è in tutte le librerie e nei migliori store online. Oppure, senza spese di spedizione,
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Di luce e di polvere

Di luce e di polvere è un saggio tecnico su Il Gattopardo,
che analizza l’opera di Tomasi di Lampedusa da una serie di prospettive finora inedite.
Quattro bozzetti, nei quali gli elementi che costituiscono la narrazione del romanzo,
appunto la luce e la polvere, assumono forme diverse, ma accomunate da una frizione
tra la stasi dell’intimo e il dinamismo del tempo.
«L’ambiente – spiega l’autrice – si tramuta in uno scrigno d’oro,
ma è un oro che ha perduto la naturale lucentezza, soffocata dalle stesse pareti che,
nel tentativo di preservarla, le hanno impedito di proiettarsi verso l’esterno,
ma anche di far penetrare ciò che si trova al di fuori.
Nella musicalità del valzer le pareti fungono da cassa di risonanza.
È un ritmo che asseconda le volute degli stucchi e la circolarità delle ruote dei carri,
rallenta i movimenti dei ballerini, i quali sembrano passare in secondo piano
quanto più il ritmo incalzi».

– Con un saggio di Antonina Nocera –

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Annachiara Monaco è nata ad Avellino nel 1994.
Appassionata di cinema e letteratura, si serve di essa per raccontare la sua personale
visione del cinema. Laureata in Filologia Moderna con una tesi sperimentale
in Storia del Cinema, dedicata alla figura della madre disattesa, partecipa a svariati convegni
e prosegue nella pubblicazione di articoli. Lavora come editor dall’età di diciannove anni
e collabora con una nota associazione, attiva in tutto il territorio nazionale
e patrocinata dal Ministero della Pubblica Istruzione. Ne ha poi fondata una propria,
con la quale promuove eventi culturali e sociali in tutta Italia.

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Il saggio, realizzato su cartoncino di pura cellulosa ecologica e marcato a feltro,
carta interna Arena Ivory Bulk extralusso a grammatura 140, è in tutte le librerie
e nei migliori store online, oppure reperibile in copia numerata
e senza spese di spedizione, qui: https://divergenze.eu/prodotto/di-luce-e-di-polvere/

Gastarbeiterliteratur

La cosiddet­ta Gastarbeiterliteratur è un fenomeno unico, mul­tilingue
e fondante della letteratura interculturale in tempi per nulla orientati all’interculturalità;
una letteratura di protesta vigorosa, controversa, che racconta il vivere altrove
e il processo di ricerca di una nuova identità.

«Il Gastarbeiter, inizialmente elevato a simbolo del miracolo economico,
iniziò ad essere definito dai media, dai politici, anche dai comuni cittadini
in modo spregiativo. Il termine stesso si trasformò, divenne un attributo di alterità
e venne esteso a qualsiasi straniero. In quel contesto, da un gruppo di giovani immigrati
provenienti da varie aree e culture mediterranee prese avvio un movimento letterario
di rivendicazione dei diritti della categoria, presto bollato come Gastarbeiterliteratur,
per assonanza con altri movimenti letterari innovativi tedeschi,
e che faceva della diversità la propria forza».

– A cura di Annalisa Mercurio –

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Elisa Kirsch è nata a Torino nel 1988 e vive in Germania. Italianista e comparatista,
caporedattrice del sito Il Club del Libro, ha pubblicato col cognome di nascita Occhipinti
il romanzo E lucevan le stelle (2018), e il saggio Primo Levi e la coscienza poetica (2021).

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L’opera è reperibile o ordinabile in tutte le librerie e nei maggiori store online,
oppure qui: https://divergenze.eu/prodotto/gastarbeiterliteratur/
senza spese di spedizione, in copie numerate con inchiostro da bacche di sambuco.

Un contributo al dibattito sulla traduzione come forma d’arte e congegno evolutivo dotato di influenza non solo ermeneutica, ma cognitiva e pluridisciplinare.

Sostanza artistica della traduzione

Quarto titolo della collana Impronte, l’officina scientifico-letteraria
di autrici accademiche, Sostanza artistica della traduzione è un’opera priva di genere.
Racchiude infatti un saggio, o meglio, una plaquette che spiega in maniera rapida,
con un linguaggio diretto, come la traduzione sia una attività artistica; quindi, un dramma
di Susan Glaspell, la più importante autrice drammatica del Novecento d’oltreoceano:
Inezie, una sorta di noir in un atto, rappresentato per la prima volta nel 1916.
Nella cucina dove è stato perpetrato l’omicidio del padrone di casa la signora Hale
e la signora Peters si confrontano, mentre scelgono degli oggetti personali da portare
alla donna accusata del delitto, e i mariti – lo sceriffo e il testimone – cercano indizi.
Costoro, insieme all’avvocato della contea, deridono il «piccolo mondo» femminile
con toni ora supponenti ora beffardi. Rovistano la casa in cerca di indizi, di tracce utili
a dedurre le “cose importanti” a cui le donne non sarebbero in grado di pensare,
e benché le due non si ritengano detective né abbiano intenzione di improvvisarsi tali,
da alcune “inezie” invisibili agli uomini intuiscono, con una certa dose di rimpianti,
il movente del delitto. Con dialoghi mordaci e pieni di allusioni, che a tratti ricordano
lo stile di Oscar Wilde, pur nella dignitosa umiltà dei ruoli cui sono ridotte,
le signore arrivano «in fondo alle cose», e nel ragionamento critico in appendice
Romanoni spiega come l’opera sia un documento sociologico di rilievo
sulla questione femminile negli USA e nel periodo storico in genere.
Tant’è, Susan Glaspell è la prima femminista a portare certe istanze nei teatri, sui giornali,
fuori dalle suffragette. E dentro un futuro premio Pulitzer (Alison’s house, 1931).

– A cura e con una nota critica di Luisa Campedelli –

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Emma Romanoni nasce a Pavia nel 2003. Frequenta il liceo linguistico Adelaide Cairoli
nella città natale, dove studia l’inglese, il tedesco e il francese. Dopo il diploma si iscrive
alla Civica Scuola per interpreti e traduttori Altiero Spinelli di Milano, e porta avanti
la passione per le lingue straniere. Viaggiare l’affascina e continua a farlo,
anche mentre lavora come Group leader per l’agenzia MLA, che le ha permesso
di scoprire l’America e il Regno Unito, di cui è profondamente innamorata.

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L’opera è in tutte le librerie e nei maggiori store online, oppure è disponibile
qui: https://divergenze.eu/prodotto/sostanza-artistica-della-traduzione/
in un lotto di copie numerate con inchiostro da bacche di sambuco e dedica dell’autrice.

La città ideale

La città ideale è una danza in sette tempi, le cui linee armoniche tracciano
il nuovo contratto sociale per una cura autentica dell’alterità. Dalla tutela dei diritti
alla fragilità liberata, passando per la vertigine dei bisogni fino alla repubblica dei bambini,
un viaggio che è un manifesto concreto di idee e progetto di una civiltà
tutt’altro che utopisticamente possibile. «Per perseverare non è necessario riuscire,
o almeno non da subito. E la dedizione è una caratteristica delle più rare, nella realtà odierna
fuggita, temuta e infine scartata. Richiede troppa abnegazione e una disciplina interiore
che il presunto benessere ha disincentivato. Nella città ideale, la disciplina avrebbe
la centralità e il fervore che garantisce, lui solo, la chiarezza di visione,
e il benessere spacciato per una corsa al possesso ne uscirebbe ridimensionato».

– A cura di Lorenzo Campanella, Pierangelo Miani, Erika Cancellu –

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Daniela Piana è docente ordinario di Scienza della Politica all’Università di Bologna, associate fellow presso l’Institut des Hautes Etudes sur la Justice, esperto formatore
della Scuola superiore della magistratura e componente dell’Osservatorio per la valutazione
delle politiche giudiziarie, ricercatrice impegnata nel costruire capacità individuali
e istituzionali per la tutela effettiva dei diritti e delle libertà.

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Il saggio, realizzato su cartoncino di pura cellulosa ecologica e marcato a feltro, carta interna Arena Ivory Bulk extralusso a grammatura 120, è in tutte le librerie e i migliori store online, oppure in copia numerata e senza spese di spedizione, qui: https://divergenze.eu/prodotto/la-citta-ideale/

Mitografia di un’affinità

Secondo titolo della collana Impronte, l’officina scientifico-letteraria
di autrici accademiche e non, Mitografia di un’affinità è un saggio che affronta,
declinato nei carteggi e nell’opera Fuoco Grande, l’incontro umano e intellettuale
fra due personalità imponenti nel territorio letterario, editoriale
e scientifico italiano: Cesare Pavese e Bianca Garufi.
«I due sentono talvolta di “friggere come aci­di”, di reagire al contatto reciproco
in modo chimico ed inconsulto, di avallare per esperienza diretta il so­spetto
di poter risalire, insieme, a una platonica com­plementarità androgina.
Pavese e Garufi, che po­treb­bero aver riletto insieme Il simposio, si soffermano
in più occasioni sulla certezza (condivisa) di essere due metà che compongono l’intero,
le anime gemelle del­l’antica perfezione, le due parti di un tutto».

– Con una nota critica di Francesca Belviso –

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Marta Mariani è nata a Roma nel 1988. È docente, giornalista e drammaturga.
Concluso il dottorato su Cesare Pavese, continua imperterrita a interessarsene.
Ama la letteratura, l’attivismo e l’insegnamento, in cui riversa uno spirito gramsciano.

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Il saggio, realizzato in cartoncino ecologico e carta interna bulk a effetto vintage,
è in tutte le librerie e negli store online dal giorno 10 maggio. Oppure, senza spese
di spedizione, è acquistabile su https://divergenze.eu/prodotto/mitografia-di-unaffinita/
in un lotto di copie numerate con inchiostro da bacche di sambuco e dedica dell’autrice.

Il processo artificiale

Primo titolo della collana Impronte, l’officina scientifico-letteraria
di autrici accademiche e non, Il processo artificiale spiega come il confine
tra uomo e macchina si riduca ogni giorno, sotto i colpi di una tecnologia
non più rivolta ad agevolare la vita agli uomini, ma a renderli mezzi
per raggiungere lo scopo – inumano – del lucro.
Il saggio indaga i ragionevoli dubbi su uno dei tanti aspetti dell’impiego
delle intelligenze artificiali: la loro comparsa nel processo penale.
Ovvero: se e come riuscire a farle coesistere «coi princìpi sacrosanti
che garantiscano un equo pro­cesso, l’equità e l’imparzialità del giudice
e del potere inquisitorio. Nel futuro infatti ci si potrebbe trovare davanti
a un processo celebrato da algoritmi» i quali potranno decidere
in termini di punibilità, di recidiva, di capacità di intendere e volere.

– Apparato critico a cura di Lucrezia Lombardo –

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Mariangela Miceli è avvocato, cultrice della materia in Diritto
processuale penale presso l’Università degli studi di Palermo,
autrice di pubblicazioni scientifiche ANVUR, collaboratrice per Dike
e Giuffrè. Fervida sostenitrice dei diritti in ogni forma, collabora
con il gruppo Giuristi per le Libertà dell’Associazione Luca Coscioni.
Contributor per il blog Econopoly24 del Sole24ore, sostiene le campagne
per i diritti umani e civili di Eumans ed è ricercatrice libera per vocazione.

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La plaquette, realizzata in cartoncino ecologico e carta interna bulk a effetto vintage,
è reperibile in tutte le librerie e nei migliori store online. Oppure, senza spese
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in un lotto di copie numerate con inchiostro da bacche di sambuco e dedica dell’autrice.