L’homo technologicus non s’identifica più con il proprio “io carnale”, ma con la personalità che ha costruito e disperso nella rete, dimenticando le risorse fisiche, emotive e relazionali, ed accettando di perdere irrimediabilmente la propria privacy.
I frammenti dell’identità virtualizzata divengono una fonte di profitto per l’economia immateriale propria del capitalismo monopolistico, un sistema che accumulando informazioni sui consumatori elabora nel contempo mappe e profili psicometrici allo scopo di indirizzare i gusti, gli acquisti, le scelte della massa. Il marketing usa la virtualità e le immagini come surrogati della realtà corporea e li impiega per sollecitare i desideri che l’individuo non può appagare materialmente (dalla popolarità al successo, dall’efficienza alla bellezza), ma che trovano un’attuazione e uno sfogo nel web. La sudditanza volontaria utilizza, pertanto, l’escamotage del progresso tecnologico per illudere di un potenziale nuovo, e ciò ch’è più grave di una libertà mai vista prima, che a conti fatti è una schiavitù subdola e omnipervasiva. Il passepartout che lega a quello sbando è il linguaggio dell’opportunità, l’occasione più o meno unica che dà forza a un processo difficilmente reversibile […].
L’etica propagandata dai media, e adattata al senso comune dell’uomo ineducato al dubbio, si basa quindi sull’elaborazione di specifici imperativi, tra cui si annoverano quello alla salute e quello all’efficienza. Propugnati da tutti gli organi di comunicazione, dal sistema educativo e culturale come valori da abbracciare, tali imperativi decretano chi può fare parte della società e chi deve esserne escluso, sostenendo una macchina nella quale il singolo è un ingranaggio insignificante. Una volta esaltate e divulgate le norme da abbracciare in cambio dell’integrazione sociale, coloro che non si conformano o che osano porle in dubbio, subiscono l’esclusione e la cancellazione sociale, almeno nella forma dello screditamento e del ludibrio. La cancellazione e lo screditamento non necessitano di violenza esplicita per attuarsi, ma si servono piuttosto di un sottile meccanismo di colpevolizzazione: coloro che si oppongono o non interiorizzano gli imperativi sono nemici del bene collettivo, colpevoli di un eccesso di egoismo e di rifiutare di fare la loro parte per la salvezza del gruppo. La violenza verrà esercitata dagli elementi che, indottrinati a dovere, attaccheranno in ogni forma i non allineati, con la legittimazione di una democrazia che condanna, per rassicurare sulla propria indole aperta e tollerante, quanto in realtà ha scatenato.
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Tratto da Due saggi dirompenti, di Lucrezia Lombardo
Apparati critici a cura di Marco Vagnozzi e Massimiliano Marianelli.
Il simposio – officina scientifico-letteraria | pp. 80, Isbn 9788831900591
https://divergenze.eu/due-saggi-dirompenti/
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